Gli approfondimenti sulla città di Torino

 

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Torino, la prima capitale d’Italia

Le origini romane

La storia della città inizia intorno al 27 a.C. con il nome romano di Augusta Taurinorum. Secondo le leggende quest’ultima sorse sull’insediamento di·Taurasia, mitica capitale dei Tauri, incendiata da Annibale nella lunga marcia di avvicinamento a Roma. Augusta Taurinorum era considerata da Roma particolarmente importante a livello strategico per la sua posizione geografica: terra di ingresso e avamposto verso il mondo transalpino. La città venne progettata secondo il tradizionale impianto ortogonale delle colonie romane, e cioè con isolati quadrati e una struttura muraria quasi quadrata.

L’arrivo dei barbari e la dominazione dei Franchi

Grazie all’impero romano la città prosperò nei primi secoli di vita per poi cadere vittima, con la crisi dell’ impero, delle orde barbariche a partire dal IV secolo. Con l’arrivo dei Longobardi (569 d.c) Torino conobbe un periodo di relativa quiete. In seguito poi allo scontro tra Longobardi e Franchi questi ultimi occuparono la città di Torino divenendo cosi contea franca (773 d.c.).

La Marca di Torino

Nel 941 venne fondata la Marca di Torino da Ugo re d’ Italia, comprendente anche Susa, divenendo così territorio vassallo del Sacro Romano Impero. Con la crisi dell’Impero il cristianesimo divenne sempre più presente nella città con potere ai vescovi e nuovi edifici religiosi. Torino ancora per poco sarebbe stato un libero Comune dove il vescovo rappresentava la massima autorità. Al di là delle alpi i Savoia stavano rafforzando il proprio potere, minacciando così la sua indipendenza.

I Savoia

Il temuto passaggio della città ai Savoia avvenne nel 1280. L’annessione della città al territorio sabaudo non mutò per lungo tempo il clima politico torinese: le lotte tra i guelfi e i ghibellini continuarono, determinando, con sconfitte e vittorie, le ascese sociali. Mentre sullo sfondo continuavano le lotte tra guelfi e ghibellini, il potere veniva sparito tra i principi di Acaia, feudatari piemontesi, e il ramo principale della famiglia, quello dei conti di Savoia, presenti ormai sui due versanti delle Alpi. In seguito all’inevitabile confitto tra i due rami, nel 1418, gli Acaia furono messi da parte a favore dei potenti Savoia.

Dal rinascimento a Pietro Micca

L’avvento dei Savoia coincise, nel 1400, con la trasformazione di Torino da piccola città, al centro di uno dei più importanti crocevia dell’Italia occidentale, in città di dimensione regionale. Il ducato soffriva però di un difficile equilibrio tra i due versanti delle Alpi dovuto anche alla diversa lingua parlata dai sudditi dei due versanti alpini. Chambery, capitale del ducato, e Torino, rivaleggiarono per molto tempo, con quest’ultima che poco a poco, si trasformò nel vero centro di potere sabaudo. Nel 1563 divenne così la capitale. Diventata capitale, Torino fu radicalmente trasformata nel giro di pochi anni, per meglio rispondere alle esigenze dei Savoia. Emanuele Filiberto dotò immediatamente la sua capitale di una modernissima cittadella. All’inizio degli anni ’70 Torino appariva chiusa nel suo antico tracciato romano e protetta dalla formidabile Cittadella, una delle più ammirate dell’Europa del tempo. Venne anche spostata la sede del potere da Palazza Madama a Palazzo del Vescovo (attuale Palazzo Reale). Il figlio Carlo Emanuele I diede il via alle trasformazioni urbanistiche: sotto il suo regno fu infatti realizzato il primo ampliamento cittadino, verso sud, con la costruzione dell’attuale via Roma, Mirafiori e Regio Parco, mantenendo sempre l’antico impianto ortogonale romano. Lo sviluppo di Torino conobbe una brusca frenata nel 1630, con la terribile peste che ne decimò gli abitanti. Il clima si rasserenò con l’ascesa al trono di Carlo Emanuele II nel 1663 e con la successiva reggenza di sua moglie Giovanna Battista di Savoia-Nempurs. In questi anni fu stabilito il secondo ampliamento cittadino, verso il Po, con la realizzazione dell’odierna via Po, unica via inclinata della perfetta scacchiera romana che continuava a caratterizzare l’urbanistica torinese. Sono di questo periodo altre splendide realizzazioni architettoniche. Nel 1659 iniziarono i lavori della Venaria Reale che, si disse, causò l’invidia dei Francesi, sempre pronti a distruggerla nelle guerre successive. Alla realizzazione della Reggia, nuova delicia extra-moenia, e degli arredi del Palazzo Ducale parteciparono numerosissimi artisti. Di lì a poco, nel 1666, sarebbe arrivato in città Guarino Guarini, l’architetto che con Filippo Juvarra avrebbe caratterizzato il centro cittadino. La prima opera firmata dal Guarini è la Cappella della Sindone, negli anni seguenti avrebbe realizzato il Collegio dei Nobili (attuale sede del Museo Egizio), il Palazzo dei Savoia-Carignano (sede del primo Parlamento italiano) e la chiesa di S. Lorenzo con la sua splendida cupola. Tra il 1701 e il 1714 la guerra di successione spagnola mise a dura prova Torino, che si trovò a lungo assediata dai Francesi. L’assedio fu tolto grazie all’intervento congiunto di Vittorio Amedeo e del cugino Eugenio di Savoia-Soissons, uno più brillanti generali del Settecento. Alle ultime fasi dell’assedio appartiene anche l’eroico gesto di·Pietro Micca (1706), che perse consapevolmente la vita per tagliare le strade della Torino sotterranea ai Francesi.

Il·Regno di Sardegna e l’ arrivo di Napoleone

Il Trattato di Utrecht, nel 1713, trasformò il Ducato in Regno e assegnò ai nuovi re anche il dominio della Sicilia, pochi mesi dopo sostituita con la Sardegna: nasceva così quel Regno di Sardegna·che tanta parte avrebbe avuto nella storia d’Italia. La capitale del nuovo Regno fu trasformata dal nuovo ambizioso re sotto la sapiente regia di Filippo Juvarra, uno dei maestri del Barocco italiano. L’architetto siciliano firmò alcuni dei capolavori dell’architettura torinese: la nuova facciata di Palazzo Madama, i Quartieri Militari, la Basilica di Superga, voluta dal Re per rispettare il voto fatto alla Vergine, le chiese di S. Filippo Neri e del Carmine, la splendida·palazzina di caccia di Stupinigi, insuperato capolavoro del Barocco europeo. Con la salita al potere di Napoleone Bonaparte nel 1800, dopo la vittoria di Marengo, le truppe napoleoniche entrarono a Torino per rimanervi 14 anni. La città fu spogliata della sua cinta muraria e i beni ecclesiastici furono incamerati dallo Stato. Nel 1802 il Piemonte fu annesso alla Francia e Torino divenne una delle 25 principali città della Repubblica francese. Il Congresso di Vienna restituì Torino e il Piemonte ai Savoia e con il ritorno di Vittorio Emanuele I la città ritrovò il suo status di capitale.

Gli anni del Risorgimento

Per salutare la Restaurazione e l’antico regime il re fece costruire la chiesa della Gran Madre di Dio, sull’altro lato del Po, di fronte all’odierna piazza Vittorio Veneto. Ma l’ancien regime non poteva essere più quello di prima: le inquietudini romantiche, le aspirazioni all’unità d’Italia, i movimenti carbonari (1817) e poi mazziniani erano i primi segni del risorgimento. Con la 1° guerra di indipendenza del 1848 re Carlo Alberto dichiarava guerra all'Austria. La sconfitta di Novara, nel 1849, pose fine al suo regno. Salì al trono il figlio, Vittorio Emanuele II, e con lui iniziò la stagione risorgimentale. Il suo primo ministro, Camillo Benso di Cavour, grazie a un’astuta tela di rapporti diplomatici seppe avvicinare la Francia alla causa italiana, contro l’Austria asburgica. Torino divenne il faro e il porto di tutti gli esuli e i liberali italiani, che anteposero alla causa repubblicana quella dell’unità d’Italia, da ottenere con la collaborazione del Re di Sardegna. La 2° Guerra d’Indipendenza, e la Spedizione dei Mille permisero, nel 1861, di inaugurare a Torino il primo Parlamento italiano: vi sedevano gli eroi dell’Unità d’Italia, da Giuseppe Garibaldi a Giuseppe Mazzini, da Alessandro Manzoni a Giuseppe Verdi. Già però nel 1864 però, in vista del definitivo trasferimento a Roma, la capitale del Regno d’Italia fu portata da Torino a Firenze con conseguenze negative sullo sviluppo della città.

La nascita della FIAT e gli anni della guerra

Nel 1899 nasce a Torino la FIAT che avrebbe trasformato per sempre l’economia della città. La nuova città industriale attirava popolazione dalle campagne e cresceva velocemente. La prima guerra mondiale sorprese una Torino in pieno sviluppo e causò prima una depressione e poi una ripresa economica. I settori che trovarono vantaggio alla fine della guerra furono il siderurgico e l’automobilistico. Gli anni del fascismo furono per Torino anni di crisi sociali con agitazioni operaie e relative repressioni. Durante il fascismo Torino continuò la sua espansione industriale e accolse nuovi immigrati mentre la politica coloniale del regime favorì lo sviluppo della FIAT. Allo scoppio della seconda guerra mondiale l’industria torinese si convertì in industria bellica. I bombardamenti del 1942 causarono una drastica riduzione della produzione; la riduzione del potere d’acquisto degli operai causò, nel 1943, una rivolta. A settembre dello stesso anno ci fu l’occupazione tedesca. La crisi del regime e l’occupazione nazista spinsero molti giovani verso le montagne, per la Resistenza. Il 18 aprile 1945 un grande sciopero paralizzò la città, il 26 aprile i partigiani iniziarono la liberazione di Torino, conclusasi il 30. Il 3 maggio gli Alleati entravano in una città già liberata. Gli anni del dopoguerra furono anni molto duri in cui si dovette far fronte ai gravi danni subiti al patrimonio edilizio e alle fabbriche. La Fiat ebbe un ruolo fondamentale e richiamò nuove ondate di immigrati in cerca di lavoro.

La seconda metà del ‘900

Diventata ormai una delle maggiori città industriali, Torino attraversa gli anni ‘60 del boom economico con tensioni sociali che sfociarono nelle proteste sessantottine e nell’autunno caldo degli operai. All’inizio degli anni ’70 le lotte della classe operaia portano all’occupazione di Mirafiori spingendo la Confindustria ad accettare le richieste dei sindacati. Nel 1975 salì per la prima volta al potere una Giunta di sinistra, contemporaneamente la crisi petrolifera costrinse la FIAT alle prime cassa integrazioni. Gli anni di piombo costarono a Torino numerose vittime, tra queste, oltre a dirigenti e operai FIAT, Carlo Casalegno, vicedirettore de La Stampa. La crisi economica degli anni ’70 ebbe il punto di svolta con la marcia dei 40.000 che chiedeva a gran voce la riapertura dei cancelli di Mirafiori, paralizzati da 35 giorni di sciopero. Gli anni ’80 e ’90 furono invece anni di benessere e di pace con la FIAT di nuovo in auge grazie anche al lancio di nuovi modelli.

Torino oggi

Torino oggi sta sempre più perdendo l’ aspetto di città industriale di una volta, aprendosi verso settori quali il terziario, quello culturale e il turismo. Quella che era quindi solo una piccola colonia romana è ora diventata una grande città metropolitana con molti cambiamenti in corso, necessari per affrontare il nuovo III millennio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Architettura e design

Torino Barocca

Inserita per secoli nel perimetro “a scacchiera” di origine romana – che contraddistingue ancora oggi il centro cittadino – Torino vive un periodo di splendore dal Seicento in avanti, grazie all’impegno dei Savoia che chiamarono per impreziosire la loro capitale i più importanti architetti dell’epoca. A Torino giungono così insigni maestri come Ascanio Vitozzi, Carlo e Amedeo·di Castellamonte, Guarino Guarini, Filippo Juvarra e Benedetto Alfieri. L’età del Barocco donerà alla città gioielli di grande splendore, a cominciare dalle·chiese e dalla Cappella della Sacra Sindone - capolavoro barocco di Guarino Guarini - insieme alla chiesa di San Lorenzo, al Santuario della Consolata. Il barocco identifica lo stile anche di alcune tra le vie e le piazze più rinomate del centro storico, tra le quali via Po, piazza Castello, piazza San Carlo. Il cuore del sistema barocco torinese è la “Corona delle Delizie”: un circuito di 15 Residenze Reali·– urbane, extraurbane e situate nel resto del Piemonte – dichiarate “Patrimonio dell’Umanità” nel 1997. In città ricordiamo: il Palazzo Reale, la residenza dei Savoia fino al 1865, Palazzo Madama, che ospita il Museo di Arte Antica e Palazzo Carignano, sede del Parlamento Subalpino e del primo Parlamento Italiano·dopo l’Unità Nazionale. Fuori città: la Palazzina di Caccia di Stupinigi, la Reggia di Venaria Reale·e il·Castello di Rivoli, quest’ultimo progettato da Juvarra nel ‘700 secondo l’esempio di Versailles e collegato lungo un asse di 20 chilometri alla·Basilica di Superga, anch’essa opera dell’architetto messinese.

Ottocento e Novecento

Nell’Ottocento e nel Novecento·la città scopre nuove suggestioni. Sulla riva del fiume Po viene realizzata piazza Vittorio Veneto – precedentemente intitolata a Vittorio Emanuele I – il più grande spazio porticato d’Europa, e di là dal fiume la·Basilica della Gran Madre di Dio, tempio neoclassico ispirato al Pantheon di Roma. Nasce·l’Art Nouveau e Alessandro Antonelli·costruisce l’edificio divenuto simbolo della Città: la Mole Antonelliana. Realizzata tra il 1863 e il 1889, è alta 167,5 metri e i suoi spazi ospitano oggi il Museo Nazionale del Cinema. Negli anni ‘20 e ‘30 del XX secolo, in stile Razionalista, vengono costruite la centrale via Roma e lo stabilimento Fiat del Lingottofirmato da Giacomo Matté Trucco, oggi uno dei principali·centri polifunzionali d’Italia grazie alla ristrutturazione di·Renzo Piano. E negli anni ’60 ancora la·Galleria d’Arte Moderna, il·Museo dell’Automobile, il Palazzo del Lavoro e Torino Esposizioni, firmati da·Pier Luigi Nervi, il Palavela, il Teatro Regiofirmato dopo l’incendio del 1929 da Carlo Mollino·e le realizzazioni di nomi come Aldo Rossi, Roberto Gabetti, Aimaro Isola.

Torino Contemporanea

L’evoluzione architettonica della città inizia negli anni Settanta, gettando le basi della trasformazione attuale: quella delle nuove, avanguardistiche infrastrutture costruite in occasione dell’appuntamento olimpico come il Palasport di Arata Isozaki e Pier Paolo Maggiora, l’Oval di Hok Sport e Studio Zoppini, il Palavela reinterpretato da Gae Aulenti e Arnaldo De Bernardi. E poi, ancora, il mercato coperto di Massimiliano Fuksas in piazza della Repubblica, il Polo Universitario per le Facoltà Umanistiche di Norman Foster, la nuova Stazione di Porta Susa del Gruppo Arep, la Chiesa del Santo Volto di Mario Botta. Questi e altri edifici, che nascono dai progetti di riconversione di edifici storici o industriali dismessi non sono che esempi di come la città si stia trasformando grazie alle grandi firme dell’architettura.

Lo stile, a Torino, non è solo una caratteristica distintiva della città. È il design.

Quello che nasce dalle matite dei car designer torinesi, Bertone, Giugiaro, Pininfarina, che hanno saputo dare forma ad automobili bellissime – Ferrari, Maserati, Lamborghini - oltre alle 100 imprese che si occupano di design industriale. Alle più prestigiose firme della tradizione si aggiungono oggi, infatti, altre importanti realtà come Idea Institute e Carcerano Design. Inoltre nuove competenze e professionalità si formano nei centri di ricerca e formazione del design torinese: dal corso di studi di Design Industriale al corso di laurea in Ingegneria dell’Autoveicolo, promossi dal Politecnico, dall’Istituto Europeo di Design all’Istituto di Arte Applicata e Design. Una contaminazione tra disegno e oggetti che passa attraverso la tradizione di architetti come Ettore Sottsass, Carlo Mollino, Annibale Rigotti e Andrea Bruno e che ha portato Torino ad organizzare nel 2008, prima città in Italia, il Congresso Mondiale degli Architetti. Ma non basta. Nel 2008 Torino è stata anche, e soprattutto, la prima World Design Capital. La nomina del Icisid (International Council of Societies of Industrial Design) ha riconosciuto innanzitutto a Torino l’attitudine e la vocazione all’impiego del design come risorsa strategica e prioritaria nel progetto del proprio sviluppo. Il “made in Torino” si impone anche nella moda, un settore che vanta una lunga tradizione sotto la Mole. A Torino si è tenuto il primo Salone della Moda·in Italia e qui si sono sviluppate alcune delle più importanti aziende italiane del settore. La città è stata la sede del GFT – Gruppo Finanziario Tessile – che per oltre vent’anni ha prodotto abbigliamento per i grandi marchi come Armani o Valentino. Oggi la città ospita alcune tra i marchi più importanti dell’abbigliamento e degli accessori moda

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Il Gusto

La raffinatezza di una cucina reale

Il cioccolato e la crema Gianduja, il Martini e il rito dell'aperitivo, i grandi vini rossi e il meglio della cucina italiana: a Torino il cibo è piacere e cultura allo stesso tempo. Torino è il cuore della gastronomia piemontese. Da sempre terra di grandi chef e di grandi gourmet, la città ha dato alla luce specialità straordinarie, inimitabili e universalmente conosciute: come la crema Gianduja, una delizia a base di cacao e nocciole famosa nel mondo grazie ai piccoli "gianduiotti" e alla celeberrima crema da spalmare. Ma il cioccolato – cibo prediletto dai Savoia fin dal Seicento e oggi portato all'eccellenza da numerosissimi laboratori artigiani – non è che la più dolce delle invenzioni torinesi. Amara è un'altra grande ricetta di sapienti infusioni di sapori: quella del vermouth, un vino miscelato con tredici erbe e spezie che Antonio Benedetto Carpano cominciò a mescere in piazza Castello nel 1786. Il drink più famoso al mondo è tutt'oggi il protagonista di un rito tutto torinese: l'aperitivo. Nei locali più moderni come nei caffè storici. A tavola, poi, si incontra una delle cucine più ricche al mondo: i grissini, gli agnolotti, la bagna caoda, i bolliti, i formaggi, i preziosissimi tartufi; il tutto accompagnato dai grandi vini rossi piemontesi – Barolo, Barbaresco, Nebbiolo, Dolcetto, Barbera – cui si aggiungono bianchi meravigliosi, dallo Spumante all'Arneis, dal Moscato ai preziosi Passiti. E per finire un caffè, un'eccellenza italiana che i laboratori artigiani e i grandi produttori torinesi hanno saputo valorizzare appieno. Tutti questi sapori – assieme a tutti gli altri sapori – vengono celebrati ogni due anni nella più grande manifestazione eno-gastronomica al mondo, che ha scelto proprio Torino come sede: è il Salone del Gusto organizzato da Slow Food·, l'associazione piemontese che ha saputo diffondere a ogni latitudine la passione per i sapori, il buon gusto e la qualità della vita. Al Salone è inoltre affiancato·Terra Madre·- incontro mondiale tra le comunità del cibo: un evento unico – che ha portato a Torino più di 7000 tra cuochi, allevatori, contadini e produttori in rappresentanza di 1500 comunità del cibo e di oltre 200 università – nato per far dialogare i produttori di tutto il pianeta. E ancora Eataly, il primo megastore del gusto in Italia, realizzato nella zona degli storici stabilimenti della Carpano, di fianco al Lingotto: una vera e propria “città enogastronomica”, nata in collaborazione con Slow Food. Perché a Torino il cibo non è solo sapori, ma, prima di tutto, cultura.

Cioccolato

Nel 1560, per festeggiare il trasferimento della capitale ducale da Chambéry a Torino, Emanuele Filiberto di Savoia servì simbolicamente alla città·una fumante tazza di cioccolata. Inizia così la lunga storia d’amore tra Torino e il cioccolato: una passione che ha stimolato nei secoli la fantasia dei maestri cioccolatieri e creato specialità note in tutto il mondo. Anche attraverso il cioccolato, Torino ha saputo esprimere il suo gusto per l’innovazione. E’ qui infatti che nel Settecento nasce il Bicerin, bevanda calda a base di caffé, cacao, crema di latte. All’inizio dell’Ottocento viene sperimentata una nuova apparecchiatura che – impastando cacao, vaniglia, acqua e zucchero – permette di trasformare la cioccolata in solide tavolette. Ecco i cioccolatini, in ogni declinazione: dai bombon alle praline, dai tartufi ai cremini. E poi, il gianduiotto: il primo cioccolatino a essere incartato, nato nel 1865, quando Michele Prochet unisce il cacao alla nocciola delle Langhe, la “Tonda Gentile”. Ma l’arte del cioccolato non si esaurisce con il gianduiotto: l’alpino (ripieno di una crema liquorosa), i preferiti e i favoriti sono altre specialità che conquistano e deliziano i palati più golosi. Oggi Torino e il suo distretto si configurano come il maggior centro italiano per quanto riguarda la lavorazione del cioccolato, con una produzione di 85.000 tonnellate, pari a quasi il 40% del totale nazionale. Accanto alle grandi realtà industriali, come Ferrero, Caffarel o Streglio, sono le aziende artigianali che portano avanti la tradizione cioccolatiera torinese, sapendola rielaborare secondo nuovi gusti e tendenze. Un impegno promosso dalle grandi firme dell’artigianato subalpino, da Stratta a Baratti&Milano, da Guido Gobino a Peyrano.

La Pasticceria Torinese

Già dai tempi di Plinio, a Torino e dintorni si producevano dolci alla ricotta e un particolare torrone con i pinoli, ma è sotto il Regno dei Savoia che la·piccola pasticceria artigianale torinese conobbe il suo massimo splendore. Nella capitale sabauda dal ‘700 fino a primi decenni del ‘900, era impensabile sorseggiare una cioccolata calda senza accompagnarla con i classici “bagnati”, piccole delizie fatte apposta per essere intinte. Queste dolci prelibatezze dette anche “paste”, facevano sognare il popolo, deliziavano i palati esigenti dei nobili e incantavano i poeti, intellettuali e potenti di tutta Europa. A Torino nel 1739 nacque addirittura un’accademia denominata Università e Corporazione dei Confettieri e Acquaviti che prevedeva 5 anni di apprendistato e una tesi finale, con relativa preparazione di un dolce. L’eredità di gusto che è giunta fino a noi è straordinaria: gli Amaretti, gli Anisini, i Baci di Dama, le Bignole, i Brut e Bon, i Biscotti della Duchessa, i Canestrelli, i Cri Cri, gli Eporediesi al cacao, i Marron Glacés, le Meringhe, i Nocciolini, i Savoiardi, i Torcetti, gli Umbertini, gli Zest sono solo alcune delle infinite dolci seduzioni che si possono assaporare nelle piccole pasticcerie artigianali di Torino che rappresentano il miglior modo per cogliere appieno l’anima profonda e discreta della nostra città.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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NH Collection Piazza Carlina****

Ci troviamo in piazza Carlo Emanuele II, che tutti i torinesi chiamano piazza Carlina, e più precisamente parliamo dell'edificio/isolato delimitato dalla piazza, via Maria Vittoria, via Santa Croce e via San Massimo. Questo edificio nasce nel tardo '600 e venne eretto per diventare un Albergo di Virtù. L'Albergo di Virtù era stato fondato nel 1580 dalla Compagnia di San Paolo e aveva come funzione quella di "sbandire dall'ozio e dalla mendicità formando una compagnia detta della carità per ricoverare i poveri inabili al lavoro ed insegnare agli altri l'esercizio di un'arte" (Cibrario 1856, pp. 626-7); in sostanza dava un posto sicuro a chi non possedeva casa e insegnava loro un mestiere per poter guadagnare soldi ed essere indipendenti. Il nuovo edificio costruito in piazza Carlina per ospitare l'Albergo, però, tarda nell'apertura e solo nel 1689 possono entrarvi i primi ospiti. Inizialmente la configurazione in pianta dell'edificio era a C con la manica principale verso la piazza, le altre due maniche su via Maria Vittoria e via Santa Croce e un muro di cinta chiudeva l'isolato su via San Massimo. Purtroppo l'edificio, nonostante fosse stato aperto da pochi anni, nel 1721 risultava già in pessime condizioni. Successivamente vennero apportate modifiche sostanziali: venne fatta una prima sopraelevazione lungo la manica di via Maria Vittoria nel 1788, venne costruita la manica su via San Massimo intorno ai primi anni dell'800, nel 1843venne progettata la sopraelevazione lungo la piazza e, infine, alla fine dell'800 venne innalzata la manica su via San Massimo. L'edificio intorno alla fine dell'800 perse la sua funzione di Albergo di Virtù e nel 1902 venne venduto all'imprenditore Augusto Segre che, apportando ulteriori modifiche interne, lo adibisce a casa da reddito. E' grazie a questo periodo che l'edificio inizia a essere definito Casa Gramsci, perchè, tra il 1911 e il 1922 circa, il celebre Antonio Gramsci venne ad abitarci. Successivamente, passata la II Guerra Mondiale, l'edificio venne ceduto alla Comunità ebraica da Silvio Segre, figlio di Augusto, destinandolo a ospizio israelitico fino al 1980 quando venne a sua volta dato in cessione alla Città di Torino divenendo casa popolare. Alla fine degli anni '90 l'edificio venne, infine, abbandonato completamente. A partire dalla fine degli anni 2000 l'edificio venne riqualificato e ristrutturato completamente e il lato positivo è che questo non è più un edificio abbandonato in mezzo alla città.

Il progetto si è basato su due concetti:

- le caratteristiche barocche dell'isolato;
- la transizione moderna della città all'inizio del XX secolo.
In questi due concetti alloggia anche il fondamentale rapporto che l'edificio avrebbe dovuto avere con il contesto urbano e i cittadini. Su queste basi, il cortile interno è diventato il cuore del progetto attorno al quale si basa tutto il resto. In particolare, sui portici del cortile sono state inserite due strutture in acciaio dotate di tende a rullo che vengono azionate per proteggere l'interno dal calore estivo. Sotto i portici, inoltre, sono stati predisposti i tavoli per la colazione degli ospiti e il cortile può essere utilizzato da chiunque per ricevimenti e feste. All'interno sono stati recuperati tutti gli elementi originali che si sono conservati, come lo scalone di fianco al banco ricevimento di origine Ottocentesca, con bellissime ringhiere in ferro battuto. Le camere e l'arredamento sono minimali e sono stati usati materiali che ricordano l'edilizia residenziale di inizio '900, come le cementine bianche e nere dei pavimenti, la pietra di Luserna e il legno di rovere.  Infine, al piano terra era presente, già dall'origine, una cappella intitolata alla Vergine Maria della quale si conserva l'intera struttura e soprattutto i mosaici del pavimento; con la ristrutturazione è stata sconsacrata ed è diventata una sala conferenze.

Curiosità

Durante la II Guerra Mondiale, l'angolo tra via San Massimo e via Maria Vittoria è stato bombardato distruggendo molti appartamenti dell'ultimo piano che sono stati successivamente ricostruiti; La struttura in acciaio sui portici del cortile sarà in futuro la base per un'installazione artistica a cura dell'artista torinese Enrico De Paris che vedrà grandi alberi e piante intrecciarsi con l'acciaio della struttura in un perfetto equilibrio tra uomo e natura. All'ingresso dell'hotel è inglobata nel marciapiede una targa in ottone che ricorda Silvio Segre e sulla facciata dell'edificio è presente una lastra in pietra in onore di Antonio Gramsci.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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CAMERE

I 5 piani dell’hotel accolgono 8 differenti tipologie di sistemazioni. Le moderne camere rappresentano un’ottima sintesi tra stile e comfort e sono caratterizzate da una raffinata combinazione cromatica di tonalità rilassanti quali crema, rosa antico e blu. Moderne e confortevoli, tutte elegantemente rifinita con pavimenti in parquet e piastrelle di ceramica in bagno e dotate di riscaldamento geotermico e aria condizionata, mobili realizzati da artigiani e falegnami del luogo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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RISTORAZIONE & SERVIZI

L’ultimo piano dell’hotel vanta una palestra fornita di attrezzature all'avanguardia con accesso gratuito alla palestra per gli ospiti dell'hotel (orario di apertura: dalle 6:00 alle 23:00) e due terrazze che offrono una splendida vista panoramica sui tetti della città e sull'arco alpino circostanti, luogo ideale per vivere momenti di puro relax o semplicemente per ammirare il paesaggio in tutta tranquillità. Bevete un buon caffè o assaporate un gustoso snack presso l’accogliente bar affacciato sulla piazza, che offre ai suoi ospiti posti a sedere anche all’esterno. Caratterizzato da un’atmosfera invitante e da un bancone in legno di cedro realizzato dall’artigiano torinese Santo Cinall (orario di apertura: Lunedì a Domenica 8:00 - 1:00). Quando si fa l'ora di sedersi a tavola, vi aspetta il Ristorante Carlina in due ampie sale dai colori caldi ed eleganti, dove potrete gustare l’ottima cucina e, partendo dai prodotti regionali ed italiani, lasciarvi tentare anche da sapori più internazionali, il tutto accompagnato da una selezione di vini attentamente studiata per sposarsi al meglio con i piatti proposti e farvi terminare la giornata nel migliore dei modi.

 

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