Il carretto siciliano

programicon05Il carretto è l’emblema dell’isola, non soltanto per l’aspetto folkloristico che ha assunto oggi ma per ciò che rappresenta per la tradizione. Ogni singola parte ci parla di un artigiano, di un artista della nostra terra che con la sua maestria e la sua arte ha contribuito alla costruzione di un mezzo che non trasporta solo merci ma tradizione. Il carretto era il mezzo di trasporto per eccellenza. Le strade dell’isola non erano agevoli (come se adesso lo siano), quindi i commercianti, per far arrivare le loro merci in tutta l’isola, affidavano i prodotti ai carrettieri. Questi compivano viaggi che potevano durare giorni. Ma perché il carretto è adornato da così tante decorazioni? Il carretto era lo strumento di lavoro dei carrettieri e per loro motivo di orgoglio. Alla sua costruzione lavoravano maestranze di ogni genere, dal falegname al fabbro, dal pittore allo scultore. Ogni parte di esso ha delle particolari decorazioni che lo contraddistinguono. Quello che a noi è più visibile è la cassa. Questa è composta da sponde che possono essere trapezoidali o rettangolari, in base alla provincia da cui proviene il carretto. Negli scacchi delle sponde ritroviamo sapientemente dipinte le scene tratte dalla storia dei Paladini di Francia, santi e scene di battaglie realmente combattute. Molto spesso il carretto diveniva un mezzo di informazione per il popolo analfabeta. Attraverso le immagini dipinte venivano a conoscenza dei fatti storici accaduti. Oltre alle parti dipinte, di notevole pregio sono le parti scolpite. La parte che presenta le sculture più belle è la chiave di carretto. La chiave si trova sotto la cassa e, insieme alle mensole, regge il fondo di quest’ultima. Nelle chiavi spesso sono scolpiti santi, scene tratte dalla Storia dei Paladini di Francia e scene che raffigurano il momento in cui il carretto arriva in famiglia.

 

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I Mercati e la gastronomia

programicon06Passeggiando lungo le strade di alcuni rioni di Palermo, si ha l’impressione di stare in uno dei suk di una qualsiasi città musulmana. Non per niente, alcuni mercati sono stati realizzati durante la dominazione araba, ed ancora oggi, si possono notare l’aspetto, le consuetudini del vendere e del comprare, i colori, gli odori, l’usanza di sommergere strade e piazze con banchi, cesti, tendoni variopinti, tipico, appunto, dei tradizionali mercati nordafricani. I mercati di Palermo rappresentano il luogo ideale per un autentico tuffo nel passato e nelle tradizioni più antiche del popolo palermitano. I mercati storici di Palermo sono dei veri e propri monumenti viventi! Non si può visitare questa splendida città senza ammirare questi spettacolari e pittoreschi mercati. Essi sono infatti quasi una sintesi dell’indole colorita ed allegra e della cultura poliedrica e cosmopolita del palermitano. Mentre ci si addentra nelle viscere di questi mercati si viene costantemente accompagnati dai richiami fatti ad alta voce, e spesso in modo piuttosto colorito, dai vari ambulanti per invitare a comprare la propria merce. Questo pittoresco invito viene chiamato “abbanniata” in dialetto palermitano. Ed in effetti parte dello spettacolo è anche quello di ascoltare questa “musica folkloristica” tipica dei mercati storici. In questi mercati storici si può acquistare di tutto un po’, ma soprattutto frutta, verdura, pesce e carne. Diciamo comunque che ogni palermitano che si rispetti, sa quale mercato scegliere in base a cosa deve comprare. I più importanti mercati storici di Palermo sono: Ballarò, la Vucciria, il Capo, il Borgo Vecchio. Ballarò rappresenta il mercato più antico e grande della città, infatti esso si estende da piazza Casa Professa ai bastioni di corso Tukory. Qualche tempo fa era più raccolto intorno a piazza Ballarò che, come dice Gaspare Palermo nella sua Guida del 1800, era “una piazza di grascia nel quartiere dell’Albergheria, di forma bislunga e non molto larga, il cui pavimento lastricato di larghe selci”. In queste poche righe si può forse concentrare tutto il mondo di Ballarò che ha vissuto per tanti secoli all’ombra della chiesa dei Padri Carmelitani. “Piazza di Grascia” ci indica la specializzazione dei vari bottegai, cioè vendita di alimentari (grascia). Questo mercato ancora quello che, nella accezione comune del palermitano, è destinato alla vendita delle primizie e di tutto quanto proviene dalle campagne limitrofe o, dai paesi extraeuropei. Esso risale all’epoca della dominazione araba. Ci sono diverse teorie sull’etimologia della parola Ballarò: una prima ipotesi è quella che derivi da Bahlara, il nome di un villaggio, vicino Monreale, da dove provenivano le merci da vendere, oppure da Ag-Vallaraja (titolo dei sovrani della regione indiana del Sind), poiché vi si vendevano le spezie provenienti dal Deccan, o ancora da Segeballarath, che significa “fiera-mercato”.

La gastronomia palermitana è varia, buona e gustosa. Dall’antipasto al dolce, Palermo offre piatti tipici assolutamente imperdibili: una combinazione straordinaria di ingredienti, sapori e profumi, frutto del passaggio delle innumerevoli civiltà che si sono succedute e che hanno lasciato anche nella cucina il loro segno. Cosa mangiare a Palermo: zafferano, pistacchi, prodotti caseari, fichi d’india e aromi per le granite, sono solo alcuni degli elementi utilizzati nella fantasiosa cucina palermitana. Non riempitevi la pancia di cannoli e cassate, assaggiate anche i piatti tradizionali della popolare “cucina di strada”, come le famose arancine (palle di riso impanate e fritte farcite generalmente con ragù, mozzarella e piselli); le crocchè o “cazzilli” a base di patate; le panelle, (frittelle di farina di ceci); lo sfincione (grossa sfoglia di pasta lievitata condita con una salsa a base di pomodoro fresco, cipolla, acciughe e caciocavallo); ed il proverbiale u pane ca’ meusa, ovvero la pagnottella ripiena di milza, polmone e trachea a pezzettini cucinati con lo strutto, nella versione “schietta”, cioè semplice (per così dire!) e “maritata”, ovvero con la ricotta.

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