La frutta Martorana

programicon18Un po’ di storia: In italiano è chiamata marzapane e la ricetta risalente al XIII – XIV secolo, in realtà ·è di origine araba. Il “marzaban” era una scatola di legno leggero dotata di un coperchio che veniva utilizzata per diversi usi, come conservare la corrispondenza o documenti importanti (da qui il detto “aprire i marzapani” cioè svelare i segreti) o più frequentemente veniva usata per spedire dolci preparati con farina, pasta di mandorle ed altri ingredienti, che poiché avevano la forma rettangolare dei pani, ne ereditarono anche il nome, appunto marzapane.

A Palermo la preparazione più antica e famosa fatta con questa pasta è la frutta Martorana che veniva confezionata dalle suore nel convento annesso alla chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, o·San Nicolò dei Greci, (conosciuta come la·Martorana), che si affaccia sulla Piazza Bellini, eretta nel 1143 da Giorgio d’Antiochia, ammiraglio del normanno Ruggero II, re di Sicilia. In seguito nel 1193 fu la nobildonna Eloisia Martorana a far costruire un monastero benedettino accanto alla chiesa e al convento. Da allora tutto il complesso edilizio prese il nome “della Martorana” in suo onore, e allo stesso modo furono anche chiamati i dolcetti preparati dalle suore. Racconta la tradizione che il giardino del convento e l’orto erano fra i più belli della città, dove crescevano alberi da frutto e ortaggi che insuperbivano le suore che li curavano. Il loro vanto però arrivò all’orecchio del vescovo di quel tempo, che incuriosito volle andare ·personalmente a costatare. La visita però fu fatta in pieno autunno, per la festa di Ognissanti, quando gli alberi erano già privi di ogni frutto. Le monache allora, decisero di creare dei frutti con la pasta di mandorle per addobbare gli alberi e abbellire così il giardino. Nel 1575 la corporazione dei Confettari chiese ed ottenne il monopolio della produzione di questi dolci. Il sinodo diocesano di Mazzara del Vallo proibì infatti alle suore la produzione della frutta Martorana perchè arrecava troppa distrazione al raccoglimento liturgico. Oggi la Martorana, riconosciuta come prodotto agroalimentare tradizionale siciliano, adorna le vetrine di tutte le pasticcerie palermitane, soprattutto in questo periodo, dove possiamo ammirare quelle che sono veramente delle piccole opere d’ arte che nascono dalla fantasia e dall’ abilità dei pasticceri. La preparazione di questi squisiti dolci, comunque non è difficile, ci vuole soltanto un po’ di tempo e tanta voglia di mettere in pratica la creatività che c’è in ognuno di voi, quindi noi vi diamo la ricetta e voi….mettete il vostro estro!!

RICETTA

• 1 kg di mandorle dolci pelate e tritate

• 10 mandorle amare tritate insieme alle altre

• 800 g di zucchero a velo

• 100 g di glucosio

• 1 fiala di aroma vaniglia

• 200 ml circa di acqua

Procedimento

Mischiare tutti gli ingredienti e impastare aggiungendo l’ acqua necessaria affinché si ottenga un composto omogeneo che non si attacchi alle mani (se necessario aiutarsi con poco amido di mais), lasciare riposare l’impasto per 10 minuti. Trascorso questo tempo, modellare i frutti, le più brave possono farlo anche a mano libera, ma ci si può aiutare servendosi delle apposite forme reperibili facilmente in commercio, avendo cura di frapporre della pellicola trasparente fra lo stampo e la pasta. Spingere la pasta di mandorle nelle formine e poi staccarle direttamente con la pellicola facendo attenzione a non romperle. Lasciare riposare per 24 ore. Munitevi di coloranti alimentari, un piccolo pennello e dei guanti e date vita al pittore che c’è in voi! Colorate accuratamente i vari frutti o comunque ciò che avete creato, ricordandovi che se volete dare anche delle sfumature naturali farete bene a passare prima i colori chiari e poi aumentarli di tonalità. Lasciate asciugare bene il colore prima di decorarli con foglioline, tralci, piccioli, ecc… che daranno un aspetto più vero alla vostra frutta di Martorana.

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L'Opera dei Pupi

programicon20La più classica forma di intrattenimento “Made in Sicily” è l’opera dei pupi, un'antica arte che trova a Palermo alcuni dei suoi massimi esponenti. La tradizione iniziò nel XVIII secolo, quando gli spagnoli introdussero questi curiosi oggetti (utilizzati principalmente per l’intrattenimento dei bambini), di cui i siciliani seppero fare una sopraffina e poliedrica arte. Le prime storie rappresentate, quelle ancora oggi considerate classiche, furono quelle legate alle vicende dei paladini di Carlo Magno, gli eroi Orlando e Rinaldo, che nelle loro avventure davano vita a spettacoli coinvolgenti che, ben presto, catturarono il cuore dei cittadini palermitani. I profondi argomenti trattati nelle opere includevano amore non corrisposto, tradimento, rabbia, vendetta, tradimento e sete di giustizia, tutti sentimenti vivi nei cuori dell’oppresso popolo siciliano, che apprezzava l’opera non solo per le sue storie, ma anche per la capacità di fare satira sulla chiesa e sul governo, dato che alle bocche dei pupi era concessa una maggiore libertà di parola. I pupi tradizionalmente sono scolpiti in blocchi di legno di faggio, olivo o limone, e possono raggiungere l’altezza di circa un metro e mezzo, anche se quelli classici sono alti circa la metà. Queste piccole opere d’arte sono finemente decorate in ogni dettaglio e grazie alle loro giunture in corda e alle loro armature metalliche, sono in grado di dare vita a colorite e rumorose battaglie. La bravura del puparo, oltre che nella capacità recitativa, sta anche nella destrezza con cui fa risuonare i duelli, avvalendosi di rumori di fondo, come ad esempio il picchiare dei piedi sulle travi del palcoscenico. Un tempo l’Opera dei pupi era una forma di intrattenimento molto comune ed apprezzata e le famiglie di pupari, seguendo una sorta di sistema circense, davano vita a lunghi spettacoli itineranti che rallegravano le piazze di tutti i paesi della Sicilia.

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